16.10.2020 News

I migranti in Italia affrontano la minaccia dell’epidemia

Quali decisioni avete preso quando in Italia è scoppiata l'epidemia?

Con il lockdown, abbiamo dovuto interrompere le attività di Médecins du Monde nei centri per migranti dove lavoravamo. Avevamo previsto attività di formazione per gli operatori di questi stessi centri di accoglienza, attività psicosociali con i minori e le donne, attività di sensibilizzazione sulla salute sessuale e riproduttiva e sulla violenza di genere. L'emergenza ha scombussolato tutto.

Come avete riorientato le vostre attività?

Per prima cosa, abbiamo deciso di sviluppare in diverse lingue del materiale informativo sulla prevenzione del coronavirus. Lo abbiamo fatto distribuire da ARCI, che ha sviluppato un sito web con l’elenco dei servizi a cui i richiedenti asilo e i migranti in generale possono accedere in Italia. Abbiamo anche supportato questo stesso servizio attraverso i mediatori interculturali con cui lavoriamo regolarmente.

Quali sono le difficoltà incontrate dai rifugiati nell'affrontare la crisi sanitaria del coronavirus in Italia?

Di solito, chi ha sintomi da Covid-19 chiama il proprio medico di base, che attiva tutta la rete di operatori sanitari per mettere in isolamento o far visitare il paziente dai servizi sanitari regionali. I migranti con cui lavoriamo nei centri di accoglienza, così come quelli che vivono in strada o nelle occupazioni a Roma, non hanno invece un medico di base, per cui non hanno accesso diretto ai protocolli di cura. Per tutte queste persone abbiamo attivato allora una linea telefonica informativa, gestita da uno dei nostri medici. Non possiamo fornire un follow-up medico, ma possiamo indirizzare i migranti ai servizi appropriati, con il supporto di un servizio di traduzione.

"Lavoriamo con i migranti che vivono per le strade e nelle occupazioni di Roma e non hanno un medico di base e quindi nemmeno l’accesso diretto al protocollo di cura".


In un campo di migranti in Calabria, l’équipe di Médecins du Monde France – Missione Italia orienta i migranti verso i servizi adatti alle loro necessità sanitarie. © MdM

Quali sono le richieste delle persone che contattano questo servizio telefonico?

Sono varie. Ma è attraverso questo servizio che siamo stati contattati da un abitante del Selam Palace, un grande palazzo occupato alla periferia di Roma dove vivono più di 500 rifugiati provenienti dal Corno d'Africa - Eritrea, Etiopia, Somalia - e dove stavamo svolgendo attività di promozione della salute. Questa persona aveva sintomi che potevano essere collegati al coronavirus. Ho chiamato il responsabile sanitario di quella zona, poiché le condizioni sanitarie e il contesto di confinamento in questo luogo sono molto precarie. La persona è risultata positiva ed è stata portata in ospedale, mentre l'edificio è stato messo in sicurezza dalla polizia per impedire l'entrata e l'uscita. Con l'aiuto del nostro mediatore eritreo - che aveva vissuto egli stesso in quel luogo - siamo andati a rassicurare gli abitanti, spiegare le misure e garantire il follow-up delle cure delle persone che soffrono di malattie croniche.

Poi i medici dell'ospedale Spallanzani sono venuti a testare tutti gli abitanti dello stesso piano dell'edificio. 30 su 70 sono risultati positivi. Tutti i sei piani hanno quindi dovuto essere testati, mentre le persone risultate positive sono state trasferite in strutture dedicate come gli hotel, per essere messe in condizioni di isolamento più sicure.

Come potete aiutare le popolazioni migranti a proteggersi dal coronavirus?

Per migliorare il contesto abitativo e le condizioni sanitarie nel Selam Palace e in un’altra occupazione di Roma, abbiamo distribuito prodotti per la pulizia come guanti, candeggina, stracci e alcool per disinfettare le aree comuni, ma anche alcuni articoli per l'igiene personale. Questi stessi prodotti li abbiamo distribuiti anche all’interno di insediamenti informali in Calabria dove i migranti, impiegati come lavoratori stagionali nella raccolta degli agrumi, vivono in condizioni molto precarie.

Attraverso una piattaforma digitale per giovani migranti gestita insieme a UNICEF, abbiamo anche organizzato con medici e psicologi alcune conversazioni online dedicate alla prevenzione e destinate a diverse comunità - in particolare quella eritrea - con la partecipazione di leader di comunità.

Sosteniamo anche la Caritas, che ha un centro per i senzatetto e gli indigenti vicino alla stazione Termini a Roma. Nel contesto dell’epidemia, avevano bisogno di aiuto per le visite mediche. Così abbiamo messo a disposizione un nostro medico. Oggi abbiamo in programma di riprendere le sessioni di sensibilizzazione a distanza nei centri di accoglienza dei rifugiati dove stavamo lavorando e di riprogrammare la formazione del personale.

Intervista a cura di Thomas Flamerion pubblicata da MdM Francia il 10 aprile 2020
Traduzione a cura di MdM Italia