Rita Carravetta

Da una parte, badanti originarie dell’Europa dell’Est, studenti stranieri, migranti stanziati in Calabria, ma anche tanti, troppi italiani. Dall’altra, sempre lei, Rita Carravetta, 35 anni, referente medico Covid-19 per Medici del Mondo, al lavoro nella medicina delle migrazioni da quasi dieci.

È sua la voce dietro al numero di emergenza lanciato da Medici del Mondo all’inizio dello scorso mese di marzo. Un canale telefonico di supporto e informazione pensato per quanti, in questo periodo di pandemia da Covid-19, non hanno la possibilità di accedere a un medico di base di riferimento. Soprattutto migranti regolari e irregolari, in molti casi italiani; solitamente al Nord, in particolare in Lombardia.

Rita, cosentina, a Roma per lavoro (“sono migrante anch’io!”), se le ricorda tutte. Ci sono le telefonate con la badante rumena a Milano, sola e ammalata dopo la morte della persona assistita, infine ricoverata. Ci sono quelle con gli studenti stranieri, spaesati e spaventati per la situazione. E poi c’è quella con una signora romana terrorizzata per la sorte del nipotino disabile. Ricorda Rita: “I genitori del piccolo erano in ospedale per Covid e pure lei ne aveva i sintomi, ma non voleva chiamare l’ambulanza non sapendo che fine avrebbe fatto il bambino”.

Un numero verde per rispondere all’emergenza

“I primi di marzo”, spiega il medico, “non appena sono state chiuse le frontiere, coi colleghi di Medici del Mondo ci siamo chiesti cosa potessimo fare. Il risultato è stato il lancio di questo numero verde. Un’iniziativa non circostanziata sul territorio romano, siciliano e calabrese, dove già operavamo, ma pensata per tutta Italia e promossa attraverso diversi canali, soprattutto digitali, e la rete di associazioni con cui collaboriamo”.

Una quindicina al giorno le chiamate nel periodo di emergenza più acuta. “La maggior parte dalle case e non dalla strada, come invece ci aspettavamo inizialmente. Il nostro obiettivo era ed è fornire un orientamento medico-sanitario e diffondere consigli di igiene e prevenzione, dando in certi casi anche supporto psicologico”.

Per rispondere meglio alle esigenze di chi telefona, Rita è affiancata da alcuni mediatori interculturali, e viene attivata una collaborazione col numero verde promosso dall’Arci: ad esso “giriamo le richieste di tipo sociale e legale, mentre verso di noi viene rimandato chi ha bisogno di orientamento sanitario”. Per alcuni mesi, fino alla scorsa estate, l’impegno viene inoltre condiviso con Medici Senza Frontiere, che accetta di occuparsene tre giorni a settimana.

Rita Carravetta, medico MdM
Rita Carravetta, referente medico Covid-19 di MdM

Gli occhi di “doctor Rita” non si scordano mai

Intanto l’ambulatorio Caritas di via Marsala, a Roma, lancia un appello: lavorando solitamente con medici in pensione, considerati ora persone a rischio, si trova in una situazione di grave carenza di personale. Medici del Mondo risponde ancora una volta presente.

Dal mese di marzo, Rita presta servizio all’interno della struttura una volta a settimana, supportando la Caritas nell’attività clinica di medicina generale. Da questo momento, “indirizziamo all’ambulatorio di via Marsala alcuni casi che necessitano di un consulto di medicina generale e non hanno né il medico di base né la possibilità di accedere agli ambulatori STP dell’ASL”.

L’impegno di MdM a sostegno della Caritas prosegue tuttora. “Venerdì scorso”, racconta il medico, “un signore bengalese che era stato mio paziente sette anni fa a Crotone mi ha riconosciuto da lontano, nonostante i dispositivi di protezione. Mi ha chiamato ‘doctor Rita’, e ha raccontato a tutti di quando lavoravo all’interno del centro di accoglienza per migranti dove era stato accolto dopo lo sbarco”. Un piccolo successo per lei: “Fisicamente stava molto bene, addirittura faceva da accompagnatore ad altre persone!”.

“Volete mandarmi via anche voi?”

Nel mese di aprile, un’altra telefonata “cambia il nostro intervento”. Proviene ancora una volta da Roma, stavolta da un edificio occupato in zona Anagnina in cui Medici del Mondo già opera da tempo. Si tratta di un caso sospetto di Covid-19. Nasce così per Rita e l’organizzazione una nuova fase di intervento, in collaborazione con la ASL Roma 2: “Abbiamo iniziato subito a gestire l’emergenza all’interno del palazzo, facendo da ponte tra gli abitanti e il Servizio di Igiene e Prevenzione dell’ASL”.

550 i tamponi fatti. Poi, dopo questo primo periodo di supporto, un accordo con Medici Senza Frontiere e ASL Roma 2 permette l’istituzione di un presidio medico-infermieristico in loco per avviare una nuova fase di sorveglianza sanitaria. Infine, terminata l’emergenza più acuta, nel palazzo viene attivato uno sportello di orientamento socio-sanitario, gestito tuttora insieme alla ASL.

“Mi colpisce vedere quanti si rivolgono a noi per chiedere il rinnovo della tessera sanitaria e la scelta del medico di base”, commenta Rita. “Molti soffrono di patologie croniche importanti, ma non possono continuare le terapie perché non hanno potuto rinnovare il medico di base per una serie di barriere burocratiche”.

Un incontro su tutti lascia il segno. “Un ragazzo molto arrabbiato, quasi aggressivo”. Ripete continuamente “Vai via!”, come un mantra. Ha un linfonodo ingrossato sul collo. Spiega attraverso il mediatore interculturale che sta male da mesi, ma tutti gli ospedali gli dicono di andarsene. Commenta: “Io non capisco l’italiano, ma queste parole sì. Volete dirmi di andarmene via anche voi?”. Ma la reazione del medico e dei suoi colleghi è molto diversa.

Ora il ragazzo è ricoverato in ospedale. Rita ogni tanto lo chiama, per avere sue notizie: “È molto contento, nonostante la sofferenza fisica: dice che prima gli chiedevano solo soldi per rinnovare i documenti, ma ora finalmente c’è qualcuno che si prende cura di lui. Sembra il riposo di un guerriero, di un eroe che ha affrontato mille difficoltà. Lavorava nei campi del foggiano, poi è arrivato a Roma per rinnovare i documenti, ma qui è stato bloccato dal Covid”. Ora deve affrontare una malattia grave, ma “è contento, perché all’ospedale finalmente riesce a dormire e a mangiare”.

Rita Carravetta, medico MdM
MdM al lavoro all'interno del Selam Palace, edificio occupato a Roma

Cinque live chat per informare le comunità migranti

Ma l’impegno non finisce qui. “Nei mesi di emergenza sanitaria, abbiamo svolto anche diverse attività di formazione nei centri di accoglienza di Roma dove già eravamo presenti”. Obiettivo degli interventi, tenuti a distanza fino a quando è stato necessario, sensibilizzare sulle misure da adottare per contrastare la diffusione del contagio.

“Abbiamo prodotto materiali informativi in diversi lingue”, riferisce il medico. “Attraverso i nostri canali digitali e alcune reti associative, abbiamo diffuso fin dall’inizio le misure di igiene e prevenzione fondamentali, così come le normative di volta in volta in vigore. Con una particolare attenzione alla salute di donne e bambini”.

Cinque le live chat organizzate nella fase di maggior emergenza. Una, in collaborazione con Unicef sulla pagina Facebook U-Report On The Move, pensata soprattutto per i minori; le altre, destinate ad alcune comunità target: eritrea, arabofona, somala e bengalese. In queste ultime, “abbiamo privilegiato il contatto e lo scambio diretto con i diversi gruppi, grazie alla presenza di mediatori interculturali e attivisti appartenenti alla comunità stessa”.

La missione continua

L’impegno di Rita e di Medici del Mondo non si ferma. Continuano le attività di formazione e sensibilizzazione, le visite all’interno dell’ambulatorio Caritas, l’orientamento socio-sanitario nel palazzo occupato, il servizio di supporto telefonico.

Rita, complimenti per il tuo lavoro! “Mah, sembra sempre così poco!”.

Intervista a cura di Elisa Bertoli