Il 10 luglio 2022, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (CSNU) è chiamato ad assumere una decisione cruciale per l’accesso agli aiuti umanitari in Siria. Difatti, in quella data, risulterà indispensabile che le disposizioni contenute nella risoluzione transfrontaliera vengano prorogate per almeno 12 mesi così da permettere a 4 milioni di siriani e oltre di continuare a ricevere aiuti alimentari, medicinali di base, e altri beni umanitari di prima necessità.
A partire dal 2014, anno di adozione della risoluzione 2165 del CSNU, milioni di persone in Siria hanno avuto accesso all’assistenza umanitaria grazie alle attività transfrontaliere delle Nazioni Unite. Infatti, in tale risoluzione veniva disposta l’apertura dei valichi di frontiera di Bab al-Salam, Bab al-Hawa, Al-Ramtha, e Al Yarubiyah, al fine di assicurare che l’assistenza umanitaria, inclusi i medicinali e il materiale per le operazioni chirurgiche, giungesse alle persone in difficoltà in Siria attraverso i collegamenti più diretti possibili. Dal 2020, però, il CSNU ha ridotto il numero dei valichi di frontiera aperti passando da quattro a uno, lasciando il solo Bab al-Hawa come unica via di accesso al Paese. Quest’ultimo costituisce una via di collegamento tra la provincia di Idlib e la Turchia e permette la consegna di aiuti umanitari nel nord-ovest della Siria. La successiva risoluzione 2585 del CSNU, adottata nel 2021, ha, poi, autorizzato la proroga dell’apertura di Bab al-Hawa per ulteriori 12 mesi fino al 10 luglio 2022, data in cui si deciderà, per l’appunto, se estenderne la validità o meno.
Più di quattro milioni di persone nel nord-ovest della Siria dipendono dagli aiuti umanitari
Ogni mese, più di 2,4 milioni di siriani beneficiano di aiuti umanitari consegnati attraverso Bab al-Hawa. Solo nel 2021, oltre 9,500 camion, contenenti per lo più generi alimentari, medicinali e beni di prima necessità, sono potuti entrati in Siria attraverso questo valico di frontiera.
Se l’estensione dell’apertura di Bab al-Hawa appariva vitale già nel 2021, lo è ancora di più oggi. Difatti, tanto il recente conflitto in Ucraina quanto la siccità registrata in Siria nel 2021, la peggiore degli ultimi 70 anni, hanno avuto un impatto fortemente negativo sul livello di sicurezza alimentare in tutto il Paese, e questa congiuntura sfavorevole probabilmente non è destinata ad attenuarsi. Secondo le Nazioni Unite, dopo undici anni di conflitto, il numero di siriani che dipendono dagli aiuti umanitari ha raggiunto il massimo livello, con una stima di 14,6 milioni di persone in difficoltà. In particolare, questo numero, nel nord-ovest della Siria, ha ora toccato recentemente quota 4,1 milioni, rispetto ai 3,4 milioni del 2021. Come detto, l’estensione della risoluzione 2585 appare di primaria importanza per la fornitura di medicinali e di materiale per le operazioni chirurgiche. Nel nord-ovest della Siria, ci sono 70 ospedali, 186 centri di salute primaria, e 77 ambulatori mobili, che pur essendo l’unica via di accesso alle cure per 4 milioni di persone stanno affrontando ingenti difficoltà finanziarie. Per questo, beni e risorse forniti dalle agenzie delle Nazioni Unite giocano un ruolo vitale nel garantire, in quest’area della Siria, l’assistenza sanitaria alle popolazioni locali inclusi i profughi interni. Inoltre, senza l’assistenza delle Nazioni Unite, le ONG non potranno più procurarsi i prodotti farmaceutici più essenziali nonché i vaccini.
Uno stop alla proroga ingenererà sicuramente ulteriori effetti negativi
In aggiunta ai trasbordi che garantiscono beni agli operatori umanitari nel nord-ovest della Siria, la risoluzione autorizza le Nazioni Unite anche a finanziare programmi in aree non controllate dal Governo siriano attraverso il fondo umanitario transfrontaliero siriano. Dal 2015, questo fondo ha in tutto destinato 726 milioni di dollari per supportare dei soggetti partner a realizzare progetti indirizzati ad un totale di 63 milioni di persone. In mancanza di una proroga, le ONG siriane operanti nel campo umanitario, che non sono autorizzate dal Governo siriano ma che costituisco i principali beneficiari di tale fondo, perderanno il diritto ad accedervi.
Non esiste ad oggi nessuna valida alternativa all’assistenza umanitaria nel nord-ovest della Siria
La possibile chiusura dell’unico valico di frontiera ad oggi aperto chiama in causa il rispetto di principi umanitari universali nonché delle leggi internazioni in materia. Difatti, è messa a repentaglio la vita di milioni di uomini, donne, e bambini, i quali senza aiuti umanitari esterni potrebbero non essere più in grado di sopravvivere. La risposta umanitaria garantita dagli operatori transfrontalieri delle Nazioni Unite rappresenta l’80% degli aiuti alimentari distribuiti nel nord-ovest della Siria, mentre quella fornita dalle ONG e da altri operatori transfrontalieri non appare essere in grado, ad oggi, di soddisfare da sola il bisogno di aiuto richiesto. È di tutta evidenza, quindi, che la proroga di almeno 12 mesi risulta fondamentale per garantire un’appropriata pianificazione della risposta umanitaria nel Paese, ancor più poi che sono previsti mesi invernali piuttosto rigidi.
L’appello di Medici del Mondo ai principali attori internazionali coinvolti
Per i motivi sopraesposti, noi di Medici del Mondo chiediamo con forza:
- ai membri del CSNU di prorogare di almeno 12 mesi la risoluzione transfrontaliera
- agli esponenti dei vari governi ed in particolare ai membri permanenti alle Nazioni Unite di Cina, Francia, Russia, e Regno Unito, di compiere tutti gli sforzi necessari per assicurare l’accesso umanitario in Siria
- alla comunità internazionale e alle ONG di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di prorogare la risoluzione transfrontaliera in Siria mettendo in rilievo il bisogno di assistenza umanitaria che si registra in particolare nel nord-ovest del Paese
L’attività della nostra organizzazione in Siria
Medici del Mondo (MdM) opera dal 2008, garantendo, prima dell’inizio del conflitto in Siria, servizi di assistenza sanitaria primaria nel governatorato di Aleppo in partnership con la Croce Rossa Araba Siriana. Dopo lo scoppio del conflitto, l’attività in loco è stata implementata per meglio soddisfare i bisogni della popolazione siriana. Negli ultimi anni, l’organizzazione si è spesa in particolare in numerose attività medico-umanitarie per assistere chi è rimasto coinvolto nella guerra. La complessità del conflitto, contraddistinto da numerosi soggetti coinvolti, un accesso limitato al Paese, attacchi diretti a strutture e personale sanitario, nonché immensi bisogni umanitari, ha richiesto una risposta di pari livello. Per questo motivo, MdM continua ad operare, in Siria ed in Paesi confinanti che accolgono rifugiati siriani, sia direttamente che in partnership con soggetti locali.