Angelo Pirola, operatore umanitario sanitario da oltre 20 anni, specializzato in neurofisiopatologia e neuroscienza, è vicepresidente di Medici del Mondo Italia dal 22 dicembre 2020, giorno della nascita – o, meglio, della rinascita – dell’organizzazione. Gli abbiamo rivolto alcune domande, per conoscere le sfide e gli obiettivi che vede nel futuro di MdM.
Perché nasce Medici del Mondo Italia?
Medici del Mondo Italia non nasce: rinasce. La sua nascita risale infatti al 1993, quando un gruppo di medici di Milano, appoggiati da Médecins du Monde France, si costituirono in associazione per promuovere un intervento d'urgenza durante la crisi dell'ex Jugoslavia. Fino al 2004 portarono avanti anche progetti di inclusione sociale per persone senza fissa dimora e utilizzatori di droghe nella zona della Stazione Centrale di Milano, così come progetti internazionali soprattutto in Ecuador. Poi, nel 2004, una scissione interna provocò la frattura dell’organizzazione in due nuove realtà tuttora presenti in Italia: Medici Volontari Italiani, con base a Milano, e Medici per i Diritti Umani, con base a Roma.
Nel 2007, Medici del Mondo Italia fu ricostituita sotto l’impulso di chi, essendo italiano e avendo realizzato missioni umanitarie con il movimento di Medecins du Monde a livello internazionale, sentiva la mancanza dell’organizzazione in Italia. Nel 2011, durante la prima ondata migratoria, questo permise di realizzare interventi di urgenza nei campi di migranti in Puglia, a Manduria. A fine 2015, dopo un’analisi e lettura del contesto europeo e italiano, sono quindi stati avviati i primi progetti: all’inizio solo in Calabria, poi anche in Sicilia e a Roma, per dare accesso alle cure mediche e garantire quindi il diritto alla salute alle popolazioni migranti arrivate in Italia dalla Libia.
Fino ad oggi, sia dal punto di vista delle risorse umane che dal punto di vista finanziario, i progetti sono stati resi possibili dalla rete di Médecins du Monde. In particolare, dalla delegazione francese e da quella spagnola, che in diverse occasioni, negli ultimi anni, ci hanno appoggiati.
Ora Medici del Mondo Italia rinasce come organizzazione propriamente italiana, con l’obiettivo di essere utile in questo nostro territorio a partire dai valori di Médecins du Monde. La nostra missione, quindi, è la difesa del diritto alla salute e dei diritti umani in generale, ponendo un’attenzione particolare alle popolazioni vulnerabili che risiedono in Italia, ma volgendo sempre una mano al mondo.
Quali sono le sfide più importanti che Medici del Mondo dovrà affrontare in Italia?
Sicuramente fronteggiare le cause della disuguaglianza propria del nostro tempo. Vogliamo contribuire alla costituzione di una società civile forte, unita, rispettosa, aperta e innovatrice. Dobbiamo continuare a crescere come umanità nel rispetto della diversità, cooperando e vincendo la battaglia sulle cause che generano l'odio e la violenza tra le persone, per noi considerato un problema di salute pubblica.
Al tempo stesso, l’umanità è altrettanto vulnerabile anche da un punto di vista biologico. Dobbiamo quindi imparare a convivere in armonia con la natura, vincendo e controllando la propagazione di agenti patogeni e mettendo in sicurezza le persone vulnerabili alle calamità naturali.
In definitiva, la sfida è combattere insieme tutte le malattie, incluse l'ingiustizia, la violenza e l’odio. E questo significa contribuire allo sviluppo di politiche volte a migliorare i determinanti della salute, che a loro volta influenzano lo stato di salute di tutte e tutti, senza distinzioni.
Quali sono gli obiettivi per il futuro, a breve e a lungo termine?
Senza dubbio, intervenire sia in Italia che all’estero per promuovere progetti sociosanitari tangibili a favore di chi si trova in una situazione di vulnerabilità, a causa della società in cui viviamo. Favorire dunque l’inclusione sociale sul territorio nazionale e impegnarci all’estero nel campo della cooperazione internazionale allo sviluppo. Ma anche fronteggiare le emergenze umanitarie causate da instabilità politiche, conflitti, violenze, carestie, epidemie o disastri naturali, migliorando l'accesso alla salute delle persone in condizioni di marginalità.
Un altro obiettivo è poi quello di sensibilizzare mediante l'educazione allo sviluppo e l'educazione per la trasformazione sociale, per promuovere i diritti umani, denunciare l’esclusione sociale, superare le disuguaglianze, favorire l’accesso ai servizi sociosanitari e affermare così una cultura di pace.
Tutto questo incoraggiando modelli di comportamento attivo a favore della giustizia e del volontariato sociale nei luoghi in cui si realizzano i programmi di cooperazione, ma anche accrescendo la corresponsabilità tra donne e uomini per uno sviluppo sociale equo nelle comunità e nelle popolazioni stesse, nel rispetto della natura e dell'ambiente.
Fondamentale per il raggiungimento di tali obiettivi è lo sviluppo di una rete di scambio e collaborazione tra i diversi attori presenti sul territorio che condividono le stesse finalità e gli stessi valori umanitari di Medici del Mondo Italia. L’ Italia è ricca di persone capaci, brillanti, sensibili nei confronti degli altri e dell’umanità intera.
Qual è l’eredità dalla Francia?
Non solo dalla Francia, ma anche dalla Spagna, dalla Grecia, dal Canada, dal Belgio, dal Portogallo, dagli Stati Uniti, dall'Argentina, dal Messico, dal Nicaragua, dall’Honduras, dall’Afghanistan, dalla Siria, dall’Iraq, dal Senegal, dal Burkina Faso, dal Mali… Lavoriamo come rete internazionale in 73 Paesi, e l'eredità è assolutamente enorme.
In tutti questi luoghi abbiamo promosso progetti d'urgenza, ma soprattutto di sviluppo, appoggiando la società civile e i Ministeri della Salute locali per instaurare e/o rinforzare le politiche sanitarie: dalla salute mentale alla salute sessuale riproduttiva fino alla salute nutrizionale. Abbiamo inoltre promosso progetti chirurgici per migliorare la capacità medica in loco, perché sia di qualità e sostenuta nel tempo.
Ma l’esperienza ereditata è gigante anche nella prevenzione e nel controllo delle infezioni a livello epidemico e pandemico, così come rispetto alla capacità di arrivare in zone remote per apportare un modello di salute rispettoso della natura, dell'antropologia e della cultura del luogo.
Lì dove siamo chiamati a lavorare, portiamo sempre il nostro piccolo contributo per far sì che il diritto alla salute sia un diritto applicabile, chiaro e disponibile per tutti.
Siamo un Paese privilegiato, perché abbiamo un’eredità culturale e scientifica unica al mondo. Dobbiamo continuare a farla valere per noi, tra di noi, e per chi ha bisogno di noi.
Intervista a cura di Elisa Bertoli