La Striscia di Gaza è uno dei luoghi più controversi e travagliati del mondo contemporaneo. Questa piccola porzione di terra, lunga circa 41 km e larga tra i 6 e i 12 km, ha una grande importanza geopolitica e umanitaria. Oggi è governata da Hamas, il movimento islamista palestinese in guerra continua contro Israele. La Striscia è uno dei due territori che compongono lo Stato di Palestina, teatro degli episodi più cruenti del conflitto israelo-palestinese. La situazione è peggiorata a seguito degli eventi iniziati dopo il 7 ottobre 2023, quando circa mille militanti di Hamas e di altre fazioni armate hanno attraversato le barriere che separano la Striscia di Gaza da Israele. I militanti di Hamas sono penetrati nel territorio israeliano, seminando terrore e caos: hanno ucciso 1.400 persone e ferito migliaia di altri, e hanno rapito 220 fra soldati e civili israeliani. Israele ha risposto con una serie di operazioni militari contro la Striscia di Gaza, che hanno causato una catastrofe umanitaria immane.
Il territorio della Striscia di Gaza è stato abitato fin dall'antichità. Situata lungo la costa del Mar Mediterraneo, confina a nord-est con Israele e a sud-ovest con l'Egitto. L’area è al centro di un conflitto che si protrae da decenni, segnato da una complessa storia di occupazioni e resistenze.
Dopo la fine del dominio ottomano nella regione, durante la Prima Guerra Mondiale, Gaza passa sotto il controllo britannico. Nel 1948, con la fine del mandato britannico e la creazione dello Stato di Israele, l'Egitto occupa Gaza, che diventa un rifugio per i profughi palestinesi sfuggiti alla guerra arabo-israeliana dello stesso anno.
L'Egitto mantiene il controllo su Gaza fino al 1967, quando, durante la Guerra dei Sei Giorni, Israele occupa il territorio. Questo conflitto coinvolge Israele contro Egitto e Siria, e porta Israele a conquistare ulteriori territori, inclusa una parte della Cisgiordania.
La presenza israeliana nella Striscia di Gaza dura fino al 2005, quando, sotto la pressione della comunità internazionale, il primo ministro israeliano Ariel Sharon ritira le forze militari e gli insediamenti coloniali. Secondo gli accordi di Oslo del 1993, Gaza avrebbe dovuto essere amministrata dall'Autorità Nazionale Palestinese (ANP). Però nel 2006, a vincere le elezioni nella Striscia è il partito islamista Hamas, portando Israele a imporre un embargo nel 2007, che include il controllo dei cieli e del mare palestinesi, oltre alla regolamentazione dei beni e delle persone in entrata e in uscita.
L'embargo israeliano, considerato illegale dalla Croce Rossa Internazionale poiché rappresenta una "punizione collettiva" per i civili, causa un forte impoverimento dell'area e il deterioramento dei servizi essenziali. Le restrizioni imposte da Israele avevano l'intento di indebolire Hamas, ma hanno invece aumentato la rabbia sociale, portando molti giovani di Gaza a vedere nell'organizzazione militante l'unica risposta possibile alla violenza e alle difficoltà imposte.
Le condizioni di vita nella Striscia di Gaza rappresentano una delle peggiori crisi umanitarie contemporanee. Con la guerra in atto dall’ottobre 2023, la popolazione di Gaza è stremata dall’aumento della violenza e da continui blocchi che restringono l'accesso ai beni di prima necessità. L'intensificarsi dei combattimenti ha portato a un incremento significativo del numero di sfollati interni, con migliaia di famiglie costrette a lasciare le loro case in cerca di rifugi più sicuri, spesso sovraffollati e privi delle necessità basilari.
Le infrastrutture essenziali, tra cui ospedali, scuole e sistemi idrici, sono state pesantemente colpite, rendendo difficile l'accesso all'acqua potabile e a servizi sanitari adeguati. Questo porta a un aumento delle malattie e a una carenza critica di medicinali e attrezzature mediche, esacerbando le condizioni sanitarie già complesse. Il blocco, mantenuto da Israele e Egitto, ha soffocato l'economia locale, rendendo difficile per le famiglie accedere a beni di prima necessità, aggravando la situazione nutrizionale e aumentando le già alte percentuali di insicurezza alimentare.
Dal punto di vista sociale, la disoccupazione rimane estremamente alta, soprattutto tra i giovani, che rappresentano una porzione considerevole della popolazione di Gaza. La mancanza di opportunità economiche perpetua un ciclo di povertà e disperazione, limitando le prospettive di un intero futuro generazionale. Inoltre, il continuo stato di tensione e insicurezza, aggravato dai bombardamenti e dai frequenti scontri, hanno un peso enorme sul benessere psicologico della popolazione, con tassi crescenti di disturbi mentali come ansia, depressione e disturbi post-traumatici da stress, negli adulti e soprattutto nei bambini, che non hanno mai conosciuto una realtà al di fuori del conflitto. Le istituzioni sanitarie locali, già sottofinanziate e sovraccariche, lottano per gestire le crescenti esigenze di una popolazione traumatizzata, mentre il personale medico è spesso insufficiente e lavora in condizioni estreme.
La comunità internazionale, attraverso varie ONG e agenzie delle Nazioni Unite, continua a fornire assistenza, ma le risorse sono spesso insufficienti per soddisfare i bisogni di tutti.
Nel tentativo di mitigare la crisi umanitaria e promuovere la pace, nella Striscia di Gaza sono numerose le iniziative internazionali in atto. Aiuti umanitari, progetti di costruzione e riparazione delle infrastrutture e programmi di supporto psicosociale, le risposte alla crisi sono varie e significative.
L’ONU, attraverso l'UNRWA (l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente) ha intensificato gli sforzi per fornire aiuti essenziali come cibo, acqua, e assistenza medica.
Vengono continuamente lanciati programmi di emergenza per rispondere all'aumento degli sfollati e alle crescenti esigenze sanitarie. Questi programmi sono spesso coordinati in collaborazione con ONG locali e internazionali, per assicurare che gli aiuti siano distribuiti in modo equo e raggiungano anche le aree più isolate e vulnerabili.
L'impatto globale del conflitto supera i confini territoriali, influenzando la politica estera e le relazioni internazionali di numerosi paesi. La crisi di Gaza ha spesso catalizzato dibattiti sui diritti umani, sulla sovranità e sulle leggi internazionali, stimolando una riflessione continua sul ruolo delle nazioni nel conflitto israelo-palestinese. L'opinione pubblica mondiale è profondamente divisa, con campagne di solidarietà che si alternano a proteste contro le azioni di alcuni governi coinvolti direttamente o indirettamente nel conflitto.
Come Medici del Mondo, siamo attivamente coinvolti nel fornire supporto medico e psicologico agli abitanti di Gaza. Il nostro compito non si limita all’assistenza medica immediata, ma lavoriamo anche per rafforzare il sistema sanitario locale, formare il personale medico e aumentare la consapevolezza sulle questioni di salute pubblica. L'impegno dell'organizzazione è diretto a ridurre l'impatto a lungo termine dei conflitti sulla comunità.
Nonostante l'ampia mobilitazione, le sfide rimangono imponenti. Le restrizioni al confine e le misure di sicurezza spesso impediscono un flusso costante di aiuti, e la politica così volatile può alterare rapidamente le priorità e la disponibilità di fondi per le operazioni umanitarie. Le iniziative internazionali navigano in un ambiente complesso e in continuo cambiamento, cercando di bilanciare l'immediata risposta umanitaria con le strategie a lungo termine per la pace e la stabilizzazione della regione.
Se vuoi sostenere Medici del Mondo nel formare operatori sanitari o nell’invio di medicinali e attrezzature mediche, puoi fare una donazione seguendo questo link e dare un aiuto concreto alle persone in difficoltà.